La resilienza del volontariato nella pandemia: l’esperienza della scuola di italiano di CDS
Dopo oltre un anno e mezzo di chiusura dovuta all’emergenza sanitaria, la scuola di italiano per migranti adulti più frequentata della Capitale ha riaperto i battenti. O meglio: sono riprese le attività didattiche in presenza, dato che i volontari non avevano mai cessato di realizzare corsi di italiano on line. Certo, il numero di corsi e studenti accolti sono ben lontani da quelli pre-pandemia; e sia gli insegnanti volontari che gli studenti devono confrontarsi ogni giorno con sfide inedite. Ma questa ripartenza ha comunque un significato importante, perché esemplare di come il volontariato sta reagendo per far fronte alla pandemia. E merita di essere raccontata cominciando dall’inizio.
La Scuola prima del covid
Nell’anno scolastico 2018-2019 e nei due precedenti, la scuola di lingua italiana di Casa dei Diritti Sociali aveva “macinato” numeri da record. Gli iscritti annui si attestavano sempre al di sopra dei 1.400, rappresentando la seconda tra tutte le scuole del volontariato della regione per numero di iscritti.
Tutto questo era reso possibile da un gruppo di lavoro formato da 50-60 insegnanti di lingua che si alternavano per coprire oltre 50 lezioni settimanali suddivise in diversi livelli di apprendimento: alfabetizzazione, elementare, intermedio. Tutte le risorse umane – comprese le figure di coordinamento – agivano in modo completamente gratuito. Le spese vive di affitto e utenze venivano coperte grazie ai contributi di donatori privati come Chiesa Valdese – Ufficio OPM, Fondazione Charlemagne e Fondazione Haiku Lugano. Le lezioni si svolgevano nelle tre piccole aule disponibili nella sede di via Giolitti (zona Termini), sfruttate al massimo della capienza e della possibilità di turnazione oraria. Bisogna sottolineare anzi che solo la difficoltà di reperire ulteriori spazi impediva lo sviluppo ulteriore dell’offerta didattica. Ultima annotazione importante: la scuola di lingua di CDS è anche una delle esperienze più longeve nel settore a Roma e in Italia: i primi corsi sono stati erogati nel 1985, addirittura qualche anno prima della formale registrazione dell’Associazione avvenuta nel 1989. In questi 35 anni l’offerta di educazione linguistica è proseguita senza interruzioni, raccogliendo adesioni sempre crescenti.
Tra chiusure e sperimentazioni on line
A seguito dell’emergenza sanitaria, le attività della Scuola sono state sospese a partire dal 25 febbraio 2020. Dopo una iniziale fase di attesa, ed appurato che i tempi della pandemia sarebbero stati lunghi, il gruppo dei docenti volontari ha cominciato a ragionare su come avviare forme di didattica a distanza. E’ stato costituito un gruppo di lavoro che ha studiato un modello organizzativo e ha avviato delle lezioni sperimentali. Alcune limitazioni sono parse subito evidenti: la carenza di strumentazione tecnica a disposizione degli studenti migranti consigliavano l’uso del solo smartphone e di software non pensati per la didattica come whatsapp; di conseguenza era necessario che ciascun docente si limitasse a seguire micro-gruppi di massimo 3 studenti; era inoltre evidente come i migranti poco scolarizzati o privi di lingue veicolari avrebbero riscontrato maggiori difficoltà nell’adattarsi a questa nuova modalità di apprendimento. L’impegno e le difficoltà sono state notevoli, e l’interscambio tra gli insegnanti si è rivelato fondamentale per migliorare progressivamente l’efficacia delle lezioni. Ad esempio, la collaborazione tra docenti ha permesso di costituire un catalogo di materiale didattico predisposto per l’invio via whatsapp di immagini, filmati, musiche. Ovviamente, anche le tradizionali riunioni dei volontari sono state sostituite da incontri on line.
Si è arrivati, a regìme, a impegnare nelle lezioni on line 35 insegnanti e a coinvolgere circa 120 studenti. Se si comparano questi iscritti a quelli pre-pandemia, è facile notare come – nonostante tutti gli sforzi profusi dai volontari – il numero di studenti delle lezioni on line sia stato una piccola frazione di quelli delle lezioni in presenza. Anche se non esistono dati aggregati a livello romano e laziale, la nostra netta sensazione è che il crollo dell’offerta di corsi sia stato generalizzato, ed abbia accomunato sia i CPIA pubblici che l’associazionismo impegnato nella formazione linguistica. E questo, purtroppo, è avvenuto in un contesto caratterizzato già prima della pandemia da un deficit di offerta di formazione linguistica rispetto alla domanda dei migranti.
Le ragioni di questo ridimensionamento dell’offerta formativa sono riconducibili in primo luogo a una diminuzione del numero di insegnanti volontari: il passaggio dalle lezioni in presenza alla didattica a distanza ha provocato la rinuncia da parte di molti insegnanti che non se la sono sentita di aderire ad un cambiamento così radicale dell’operatività; ovviamente il rifiuto della didattica a distanza è stato più sensibile nei volontari anziani, che rappresentano una quota significativa dei docenti di italiano delle associazioni. Inoltre, il numero degli studenti raggiungibile in una singola lezione on line è molto basso, normalmente non superiore a qualche unità, contro le decine di presenze che facevano registrare le lezioni in presenza.
Malgrado i forti limiti della DaD rispetto alle lezioni in presenza, questa modalità ha comunque evidenziato aspetti positivi e per certi versi inaspettati, come lo sviluppo di un forte rapporto interpersonale tra insegnante e studente, e tra gli studenti fra loro. Questo ed atri elementi sono stati approfonditi da una ricerca che Casa dei Diritti Sociali ha portato avanti in collaborazione con l’Università di Roma Tre – Dipartimento di Scienze della Formazione. Clicca qui per leggere la ricerca: Nuove Frontiere per la Didattica a Distanza
Nel periodo settembre-ottobre 2020, ci si era illusi di poter riprendere le lezioni in presenza. Il gruppo di volontari aveva messo in atto tutte le misure organizzative ed era pronto a riaprire; tuttavia, la ripresa dei contagi ha costretto i docenti volontari a desistere.
Sempre aperti per gli analfabeti
Una significativa eccezione al trasferimento on line di tutte le attività didattiche, è stata rappresentata dai corsi per analfabeti e persone scarsamente scolarizzate, corsi che Casa dei Diritti Sociali porta avanti da ormai 12 anni. Dopo una fase in DaD, le lezioni in presenza sono riprese da settembre 2020. Ovviamente le lezioni sono state avviate previa assunzione di tutte le precauzioni opportune: dalla rilevazione della temperatura corporea degli studenti, all’obbligo di indossare le mascherine.
Le ragioni di questa decisione di riaprire le porte della scuola agli studenti analfabeti sono state duplici: da una parte il numero più esiguo di studenti coinvolti, che consente di mantenere le distanze previste dalle disposizioni sanitarie; dall’altra si è valutato che proseguendo con le modalità on line i corsi per analfabeti si sarebbero rivelati inefficaci, anche in considerazione della particolare vulnerabilità degli apprendenti coinvolti.
Nelle lezioni si è sentita l’esigenza di trattare il tema dell’emergenza sanitaria che studenti e insegnanti vivevano, e di condividere in classe le riflessioni e le emozioni provate durante il distanziamento. Data la particolarità del periodo storico, gli sforzi degli insegnanti volontari sono stati volti soprattutto verso l’accoglienza, cercando di rispondere al senso di spaesamento e di solitudine dovuti al distanziamento sociale. A questo si è aggiunta la necessità di approfondire le regole comportamentali, perseguendo l’obiettivo di comprendere e seguire le norme di distanziamento. A tal fine sono stati analizzati i testi regolativi e approfondito il lessico specialistico relativo alle norme anti-Covid.
Finalmente la riapertura!
A distanza di un anno e sette mesi dalla chiusura, il 4 ottobre 2022 le porte della scuola hanno riaperto i battenti agli studenti. Le attività preparatorie sono durate un paio di mesi dato che le cose da fare erano molte: dalla ritinteggiatura dei locali – ovviamente eseguita dagli stessi volontari – alla preparazione delle procedure per garantire la sicurezza sanitaria di studenti e docenti, fino alla preparazione del calendario delle lezioni. Le difficoltà non sono mancate, ed alcune di queste ancora persistono.
Anzitutto ci si è dovuti confrontare con una iniziale scarsità di docenti. Se prima della pandemia gli insegnanti erano oltre cinquanta, a conti fatti ora i volontari disponibili risultavano circa la metà. Alcuni dei volontari storici non erano vaccinati, o comunque non si sentivano di esporsi a rischi a causa dell’età o delle condizioni di salute non ottimali. Inizialmente non è stato quindi possibile coprire tutte le fasce orarie: a pieno regime la scuola funziona con 4 orari giornalieri, e per ciascuno di questi orari si realizzano contemporaneamente lezioni in tutte e tre le aulette disponibili. Per partire ci si è rassegnati a coprire solo 2 orari giornalieri, sempre moltiplicati per tre aule. Nel frattempo si è partiti con una campagna di reclutamento di nuovi volontari; per ora ne sono arrivati oltre una decina, che attualmente si stanno formando affiancando i volontari più esperti. Grazie al loro apporto si programma a breve di poter aggiungere una terza fascia oraria.
Anche l’aumento di studenti migranti è stato solo progressivo. I volontari erano abituati a veder formarsi code di studenti determinati a seguire le lezioni, tanto da dover lasciare sempre fuori qualcuno. Ma alla riapertura, dopo oltre un anno e mezzo di stop forzato, le aule erano piene solo a metà nonostante la capienza già limitata dalla necessità di garantire il distanziamento. Giorno dopo giorno, come era ovvio che accadesse, il passa parola tra studenti ha avuto i sui effetti. A distanza di sei settimane dalla riapertura le nuove iscrizioni avevano superato abbondantemente le 100 unità.
Altra questione critica riguarda la necessità di applicare procedure anti-covid. Ovviamente l’ingresso è riservato a studenti dotati di green pass, e prima di ciascuna lezione i docenti volontari provvedono alla misurazione della temperatura e al controllo del certificato verde. Spesso queste procedure si prolungano oltre l’orario di inizio della lezione, con ritardi medi di 10 o 15 minuti. Si sta dunque valutando l’idea di inserire la figura di un volontario ulteriore rispetto ai docenti, incaricato proprio di facilitare e sveltire queste procedure
Nonostante queste ed atre difficoltà, il quadro è senz’altro positivo. Pur con la necessaria progressività la “macchina” della Scuola di lingua si è rimessa in moto e sta tornando ad essere un punto di riferimento importante per i nuovi cittadini romani di origine straniera.
Un grande patrimonio a rischio di chiusura
Come si è visto, la Scuola di lingua di Casa dei Diritti Sociali è una realtà viva, e rappresenta un tassello importantissimo dei percorsi di inclusione dei migranti sul territorio romano. E’ però doveroso ricordare che dal punto di vista formale la sua esistenza è precaria a causa di colpevoli ritardi dell’amministrazione comunale. Nel 2016 Casa dei Diritti Sociali è stata raggiunta da una ingiunzione di sgombero della sede di via Giolitti da parte di Roma Capitale, che sin dal 2007 aveva affidato l’immobile in convenzione alla stessa Associazione; l’ingiunzione – che accomunava CDS a tante altre associazioni – era formulata in base alla famigerata delibera 140 per il riordino del patrimonio immobiliare capitolino. Lungi dal riconoscere all’Associazione di svolgere gratuitamente un lavoro importante per la comunità, supplendo anche alle carenze strutturali del sistema educativo pubblico, Roma Capitale chiedeva insomma ai volontari di lasciare i locali. E’ facilmente argomentabile che la chiusura della Scuola avrebbe creato una autentica voragine nei servizi per i migranti della città di Roma, perché per oltre mille persone l’anno sarebbe venuta a mancare la possibilità di seguire un corso di lingua. I costi sociali sarebbero stati enormi, e si sarebbero tradotti nell’impossibilità di avviare percorsi di inclusione sociale ed economica di centinaia di nuovi cittadini romani. Fortunatamente, a marzo 2020 è intervenuta una novità positiva: il TAR del Lazio, al quale Casa dei Diritti Sociali aveva presentato ricorso, ha emesso una sentenza in base alla quale Roma Capitale dovrebbe rinnovare la convenzione per l’affidamento dei locali all’Associazione in ragione dell’interesse pubblico delle attività da questa svolte.
Purtroppo Roma Capitale non ha ancora dato applicazione alla sentenza, lasciando la scuola in una situazione di incertezza. Ci auguriamo che la nuova giunta capitolina possa sbloccare al più presto la situazione.