Non sono venuto in Italia per fare soldi: la mia famiglia aveva abbastanza per vivere dignitosamente. Sono fuggito dall’Afganistan perché i talebani mi cercavano per uccidermi.
Sono arrivato a Roma a 16 anni. Non avevo i miei genitori con me, e non conoscevo nessuno qui. Presto ho scoperto il posto dove andavano a finire tutti gli afgani di Roma: dormivano per strada vicino alla stazione Ostiense. Di solito la sera passava qualche associazione e ci portava da mangiare. Non mi piaceva affatto quel posto, e ancora oggi evito di andarci per evitare brutti ricordi.
Qualcuno degli afgani mi diceva che come minorenne avevo diritto a un centro di accoglienza, e che dovevo andare alla polizia. Ma io avevo paura: la polizia mi aveva fermato 2 volte e mi aveva dato dei fogli di via. Dopo parecchi giorni è passato un ragazzo afgano che si è offerto di aiutarmi. Mi ha portato alla Casa dei Diritti Sociali e lì mi ascoltato. Poi mi hanno accompagnato al commissariato e aiutato durante la procedura di identificazione. Finalmente sono potuto entrare in un centro di accoglienza, ed allora ho passato la mia prima notte in un letto dopo tanto tempo.
Quando ero in Italia già da un paio di anni, ho incontro un minore afgano. Era appena arrivato e non sapeva che fare. L’unica cosa che mi è venuta in mente era di portarlo alla Casa dei Diritti Sociali. Hanno aiutatro questo ragazzo come avevano fatto con me. Da allora ho portato molti afgani alla CDS, ed ho capito quanto è importante il ruolo del mediatore. È allora che ho deciso di fare un corso professionale, e da qualche anno quello del medfiaotre è diventato il mio lavoro.