Secondo le stime dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), almeno 8565 persone sono morte o risultano disperse lungo le rotte migratorie di tutto il mondo nell’anno passato. Si tratta del dato più alto registrato da 10 anni, ovvero da quando l’OIM ha avviato il progetto Missing Migrants (unico indicatore di misura della sicurezza delle rotte migratorie riconosciuto dall’ONU) che nel suo decennio di operatività ha documentato più di 63.000 morti in tutto il mondo.
I numeri del 2023 segnano un preoccupante aumento del 20% rispetto alle vittime del 2022 e, in generale, rappresentano il dato più alto dal 2016, quando furono registrati 8084 tra morti e dispersi.
Più della metà delle morti certificate è stata per annegamento, il 9%, invece, per incidenti stradali mentre il 7% per violenza. Geograficamente il Mediterraneo si conferma la tratta più mortale, con 3105 tra morti e dispersi, seguono l’Asia meridionale (1302), l’Africa occidentale (836) e il Nord Africa (810).
Se tra il 2017 e il 2020 si era assistito a un calo, dal periodo post-pandemico c’è stato un vertiginoso e costante aumento delle morti di persone migranti. Il dato testimonia come le rotte migratorie legali e sicure risultino totalmente insufficienti a rispondere alla sempre crescente esigenza di fuggire da situazioni di povertà estrema e di pericolo, come dimostra il numero crescente di rifugiati nel mondo degli ultimi anni.